Faceva caldo quel giorno, mancava il respiro. Il cielo era così azzurro che un daltonico avrebbe recuperato l’essenza degli occhi. Anche l’aria era diversa, si sentiva il profumo del grano raccolto a decine di chilometri spinto dalla brezza che sfiorava la pelle. La spiaggia vuota, ero uno dei temerari che sfidavano il sole accecante, non mi restava che tuffarmi sulle sue limpide acque. Galleggiavo su di un mare così piatto che aspettavo solo il Mosè che venisse a farmi vedere come attraversarlo a piedi. Non mi restava che ascoltare in lontananza una canzone che continuava a ripetersi all’infinito, proveniva da un vecchio mangiadischi in una barca arenata dove non c’era nessuno a parte una specie di spaventapasseri. piazzato in mezzo alla barca, in piedi con un cappellino che ondulava. Pensavo a quella barca che stufandosi di vagare per l’eternità nel tempo decise tutto d’un tratto di fermarsi. Gli bastava continuare a far girare quello stramaledetto disco che continuava a dire “Cambiamo il colore del cielo.” Rimasi lì a guardare sdraiato sulle onde del mare il cielo sempre e solo azzurro, sperando che cambiasse colore ad ogni battito di ciglia.
P.S.Foto di Algarve, località a sud del Portogallo,una delle spiagge più belle d’Europa. Si vede solo l’Oceano Atlantico e con lui tutti i suoi misteri.